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Leadership e continuità d'impresa: un passaggio generazionale difficile

di Franco Vergnano

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11 giugno 2009

Spesso si parla di passaggio generazionale, una tappa prima o poi obbligata per ogni impresa. Ma forse sarebbe meglio dire «compresenza imprenditoriale» data dalla coesistenza in azienda di padri e figli, senza sottovalutare l'inserimento di manager esterni alla famiglia. Lo mette in evidenza il rapporto, frutto della collaborazione tra UniCredit private banking e i Giovani imprenditori di Confindustria, che verrà presentato domani mattina a Santa Margherita Ligure durante l'appuntamento annuale dei Giovani imprenditori.

Il titolo del libro è «Crescere al futuro. Leadership e continuità d'impresa oltre la crisi». Tra i pregi del volume, edito dal Sole 24 Ore libri, c'è anche di quello di mettere a confronto su un tema delicato, ed emotivamente coinvolgente, le opinioni dei senior e delle leve junior.

Il lavoro, fatto a più mani e curato dalla Luiss di Roma, raccoglie e analizza le interviste a oltre 400 imprenditori italiani di ogni età su alcuni temi forti: come si forma e mantiene la leadership, il rapporto con il territorio, il ruolo del sistema bancario nel passaggio generazionale, la compresenza delle generazioni alla guida delle aziende, l'apertura al management esterno, le strategie di trasformazione delle imprese.

Moltissimi i dati raccolti e commentati. Oltre il 60% delle imprese considera attuale, o da affrontare presto, il passaggio generazionale (anche perché la crisi demografica ha fatto crescere il numero dei responsabili di cariche aziendali con oltre 70 anni di età: +3,4% dal 2003 al 2007 per Bankitalia). La conseguenza è che ci sono cinquantenni ancora in attesa di vedersi consegnato il testimone. Le aziende che potrebbero dover affrontare il processo di continuità sarebbero quindi circa 2,9 milioni. Il tema è stato affrontato anche dalla Ue che in una raccomandazione del 1994 (e poi in studi successivi) evidenzia come due imprese su tre prevedevano di non resistere al passaggio generazione e di chiudere dopo cinque anni. Inoltre sono circa 300mila i posti di lavoro che si perdono ogni 12 mesi per la cattiva gestione della trasmissione dei poteri in azienda. Non per niente, dal rapporto emerge che sette imprenditori su dieci intravedono una serie di difficoltà, anche se superabili, in questo delicato passaggio.

«La ricerca che è alla base di questo lavoro – commenta Dario Prunotto, amministratore delegato di UniCredit private banking – è stata condotta in primavera, nel momento in cui la crisi ha mostrato la capacità di incidere sulle fondamenta del sistema produttivo dell'economia globale, ridefinendone gli equilibri». L'indagine evidenzia una serie di filoni verso i quali gli operatori potranno orientare i loro servizi, mettendo a disposizione della «Famiglia Spa» – come recita il titolo di un altro libro – capacità di consulenza diversificate e articolate. «E va proprio in questa direzione – conclude Prunotto – l'impegno di UniCredit a fianco dei Giovani imprenditori di Confindustria e la volontà di essere partner in questo percorso conoscitivo, di cui la ricerca e il libro costituiscono un primo importante elemento».

11 giugno 2009
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